Silva: “Mi presento, a Palermo l’occasione della vita”

“Chiamatemi Flaco, come Pastore, sperando di avere la stessa fortuna”, Stefan Silva, neo acquisto del Palermo in questa sessione di mercato si presenta in un’intervista al Corriere dello Sport, dove parla della sua vita, ma anche del suo sogno: indossare la maglia Rojas del Cile. arrivato tardi nel calcio: a 26 anni esordisce nel Sundsvall e a 30 nel Palermo, ad essere più precisi ancora non ha esordito. “Sono nato a Stoccolma l’11 marzo 1990, il giorno prima di Nestorovski, destino che ci dovessimo stringere la mano… Ho un nome lunghissimo: Maximiliano come lo zio, un omaggio alle tradizioni; Stefan perché mio padre era tifosissimo del tennista Stefan Edberg; Silva è il cognome di mio padre; Rojas di mia madre, in Italia una specie di signora Rossi, in Cile il colore della “camiseta” che, malgrado l’età e la mia lenta affermazione, spero ancora di indossare. Il mio cuore è cileno come quello di mio padre. Poi bisogna aggiungere i soprannomi: Maxi, un diminuitivo, e Flaco, da quando avevo cinque anni, un soldo di cacio magrissimo come Pastore. Spero che il Palermo mi porti la stessa fortuna”.

Fuggì dal Sudamerica dopo la autoproclamazione a dittatore di Pinochet, rifugiandosi in Svezia: “Le mie idee politiche? Nessun interesse in questo campo. Certo, se mi chiedete cosa penso di Trump, vi rispondo che non mi piace per niente. E dell’euro, che ogni paese in Europa dovrebbe avere la stessa moneta e mi piacerebbe vederlo anche in Svezia. Sulla religione invece ho un’idea precisa, sono cristiano e per me c’è un solo Dio. La fede è molto importante. I miei zii da parte materna erano famosi a livello calcistico, sopratutto uno: Juan Rojas negli anni Ottanta ha vinto Coppa America, giocando in Nazionale e diventando il miglior giocatore dell’anno. In un ambiente così cosa avrei potuto fare se non il calciatore?  È anche vero che papà mi faceva provare un sacco di altri sport dal tennis al pugilato, però il calcio mi affascinava e andavo a giocare con mio fratello Luis”.

“Sono cresciuto a Rissne- continua raccontando come è arrovato nel calcio-, un posto straordinario per maturare esperienza a dieci minuti dal centro di Stoccolma. Può sembrare un ghetto, incontri bambini che hanno problemi, alcuni studiano, molti giocano a calcio nelle strade da mattina a sera, in cerca di futuro. Un ambiente misto, con tanti stranieri emigrati, come noi, ma si vi bene fianco a fianco. Io ero di quelli che preferiva correre dietro ad una palla, con Luis, fino a quando mia madre non veniva a prenderci. Non ho mai pensato ad altro. Malgrado tutto sono arrivato in ritardo. Ero considerato un vero talento, poi verso i diciotto anni la fiamma si è come spenta. Subentravano forti dubbi, non davo più il giusto peso agli allenamenti, insomma il calcio non era più al centro dei miei interessi. Non ho mai smesso, ma preferivo vivere la vita e ho impiegato del tempo per ritrovare la passione grazie all’aiuto della famiglia. Il rapporto con il tecnico Kim Bergstrand? Di amore e odio. È stato il mio allenatore da quando avevo quindici anni, la storia cominciò bene. Poi mi negò un posto in prima squadra nel BP. Illuso e abbandonato. Però, credeva in me e mi riprese nel Sirius. Grazie a lui è cominciata la mia ascesa nel calcio svedese e ho realizzato tanti gol approdando in Allsvenskan. Dunque, posso solo ringraziarlo”.

Silva racconta la sua fonte d’ispirazione: “Ronaldo il fenomeno, è lui la mia fonte d’ispirazione. Ho un altro fratello, John Guidetti, attaccante del Celta Vigo, abbiamo, di fatto, vissuto assieme in tutte le squadre”. Segni particolari? “Ho un tatuaggio scritto in francese. Da ragazzo ho frequentato qualche lezione e mi piaceva, poi ho studiato l’inglese. Una frase mi colpì: “Mamma, mi ha portato in grembo per nove mesi, io ti porterò nel mio cuore per il resto della mia vita”.

Infine parla del Palermo e delle sue ambizioni: “È vero, parlo sempre di sogno qui a Palermo. Spero di diventare famoso, un traguardo che inseguo da quando sono al mondo. Palermo è la mia bacchetta magica. Un club famoso, che ha lanciato i Cavani, i Dybala, i Pastore… E che potrebbe fare lo stesso con Silva. Allenatori che vanno e vengono? Polemiche? Sono a Palermo da poco, non ho avuto tempo di crearmi problemi. Poco importa che la squadra stia soffrendo, che la gente sia scettica anche sul mio conto e che sembra rassegnata, noi lotteremo fino in fondo. Io con tutto il mio cuore perché mi gioco l’avvenire. L’esordio? Non so quando arriverà ma aspetto la mia occasione. E sarà come confrontarsi con i ventisei, quasi ventisette, anni. Domani? La prossima settimana? Sono pronto. Ci vuole tempo, se si arriva da un altro paese, per imparare lingua e tattiche. Da da tre settimane, mi sento un altro e provo sensazioni concrete. La maglia numero nove ha avuto a Palermo pochi grandi interpreti? Non bastano Toni, Hernandez e Dybala? Non sono superstizioso, sono un… pesci come Einstein, Pogba, Lauda. Il momento più bello della mia carriera? Deve ancora venire”.


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