Sorrentino: “Ballardini mi chiese scusa, Dybala da pallone d’oro”

Due anni e mezzo a Palermo non si dimenticano, a maggior ragione con una salvezza al cardiopalma nell’ultimo anno in rosanero. Stefano Sorrentino ricorda gli anni in Sicilia, in particolare quello che ha portato alla permanenza in Serie A: “Una carriera intera in un anno solo. Stressante, ero capitano e mi sono caricato tanti problemi sulle spalle – racconta Sorrentino alla Gazzetta dello Sport – Ma in quel marasma abbiamo tenuto il gruppo unito, e con una bella zampata finale siamo riusciti a salvarci. Da questa esperienza ho imparato che fare l’allenatore è come fare il genitore: uno dei mestieri più difficili al mondo. E io ho ancora la testa da giocatore, non mi ci vedo, al 99% non lo farò”.

Sorrentino, che insieme a Marco Dell’Olio ha scritto la sua biografia dal titolo “Gli Occhi della Tigre”, è tornato a parlare anche della famosa partita di Verona, quella dell’autogestione dopo la lite con Ballardini: “Qualcuno mise in testa al mister strane idee. Gli avevano riferito che noi italiani gli remavamo contro perché volevamo che tornasse Iachini. Lui ce lo disse, poi sa com’è: uno dice una cosa, uno risponde e andammo allo scontro. E’ stata la prima volta della mia carriera. Ma ho il mio carattere, non mi faccio mettere i piedi in testa”

“Quando poi lui è tornato ci ha chiesto scusa per metterci una pietra sopra – prosegue Sorrentino – Da gentiluomini, ci siamo chiariti e abbiamo fatto quadrato. E Ballardini alla presentazione del mio libro sarà invitato. Non c’era quando ci scontrammo, ma fu lui a ordinare a Ballardini di farmi giocare. Ricordo che mi disse al telefono “Non preoccuparti, tu sei il mio portiere oltre che il mio capitano”. E così fu”.

Chiosa finale di Sorrentino su tre compagni di squadra in rosanero: Dybala, Vazquez e Belotti. “Dybala è la semplicità fatta uomo, ed è rimasto tale nonostante si sia ritrovato con la Juve e l’Europa in mano – ammette il portiere ora al Chievo – E poi è talmente grande in tutto ciò che fa che non mi stupirei di vederlo presto col Pallone d’oro. Belotti è forte, fortissimo, bergamasco (ride, ndr). Non si risparmia mai, è bello vederlo giocare per la tenacia e la voglia che ci mette sempre. E parlo da italiano, visto che è il centravanti della Nazionale: spero rimanga in A e continui a farci divertire. Vazquez? Beh, il Mudo è… muto, non parla mai. Ma in campo fa parlare i piedi, uno spettacolo. Prima della partita gli chiedevamo quanti tunnel volesse fare. Per lui era la cosa più bella, dribblare, saltare l’uomo. Pareva sempre che stesse lì lì per perderla, ma la palla non gliela toglievano neanche i carabinieri…”.


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