De Zerbi, capro espiatorio di un Palermo aggrappato al mercato di gennaio

De Zerbi

L’era De Zerbi s’è chiusa (in attesa di ufficialità) con queste testuali parole: “Pensate che per me sia bello o che penso ai soldi del contratto? Per fare risultato lascerei tutto subito“. Parole che dovrebbero far da preludio a delle dimissioni, ad un passo indietro sulla clausola anti-esonero, ad un gesto diverso dal solito. Invece l’avventura dell’allenatore bresciano in quel di Palermo si concluderà con lo stesso epilogo dei suoi predecessori: esonerato, triturato dal sistema che vede in Zamparini un emblema anche a dispetto di un record di permanenza senza precedenti. De Zerbi è infatti l’unico allenatore nella storia della Serie A a rimanere in panchina per sette sconfitte di fila. Sì, questo perché mai nessuno ha realmente compiuto una tale striscia di insuccessi, ma è piuttosto ironico che sia riuscito a resistere proprio a Palermo.

Di questo e di altri record, purtroppo, rimarrà traccia a lungo. Perché il Palermo attualmente ultimo in classifica non fa altro che scalare (anzi, scavare) la graduatoria dei primati negativi della Serie A. E De Zerbi, piaccia o meno, non è esente da colpe. Non quelle di chi ha allestito questa squadra e di chi ha lasciato andare a cuor leggero gli artefici della miracolosa salvezza dello scorso maggio, sulle quali la vox populi è a dir poco lapidaria e basta da sola per farsi sentire. Eppure i continui stravolgimenti di De Zerbi non possono passare inosservati, al di là di infortuni e squalifiche. Sono servite sei sconfitte di fila per far sì che il Palermo di De Zerbi tornasse ad attingere dal Palermo che fu di Iachini prima e di Ballardini poi, con un 3-5-1-1 rivelatosi comunque inutile contro una Lazio che gioca ad un livello superiore.

È inutile comunque soffermarsi sugli errori di un allenatore che oggi si prepara a concludere la sua prima avventura in Serie A. È inutile considerare De Zerbi il capro espiatorio di una situazione nata di fatto un anno fa con le epurazioni post-Alessandria e risollevata per miracolo solo grazie al buon senso dei senatori (prontamente ringraziati con un biglietto di sola andata verso altri lidi). Ed è inutile sentenziare che qualcuno stia aprendo gli occhi solo adesso. Tutti, dai tifosi fino ai più competenti addetti ai lavori, avevano la stessa idea in estate: questo Palermo può solo arrivare quartultimo, nella più ottimistica delle ipotesi. Chi sperava in qualcosa di più sbagliava di grosso e chi nega che dalla stampa siano arrivate tali considerazioni è in malafede.

Semmai ora, a poco più di un mese dalla riapertura dal mercato, c’è da chiedersi cosa bisogna fare per rendere il quartultimo posto un traguardo realizzabile. Il ds Faggiano, che in estate quasi non ha avuto margini di manovra, ha annunciato la volontà di portare a casa dei rinforzi. Il mese di gennaio sarà per lui un banco di prova fondamentale: l’ex dirigente del Trapani sa muoversi sul mercato low cost (vedi Gazzi, gregario di categoria portato proprio dal direttore salentino) e ha dimostrato anche in Serie B di saper costruire nuclei competitivi dal nulla. Per il resto, bisognerà capire in che direzione volgeranno i rapporti tra Zamparini e i suoi consiglieri dell’est: un paio di settimane fa c’era Simic che pubblicava foto della riunione tecnica su Instagram come se nulla fosse, mentre da qualche giorno c’è maretta per un primo bilancio negativo dei giocatori portati a Palermo. Perché sì, NestorovskiPosavec andranno anche bene, ma i rapporti tesi tra Rajkovic e i tempi di recupero erano noti già da anni

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