Amarcord – Il rammarico di Magistrelli: “Quella Coppa era nostra”

Un classico attaccante d’aria di rigore, forte fisicamente, con un gran colpo di testa passato agli annali rosanero per aver segnato il 23 maggio 1974 contro il Bologna. Quel pomeriggio all’Olimpico di Roma durante la finale di Coppa Italia, realizzò il gol del vantaggio che avrebbe potuto cambiare la storia del club siciliano. Tutto questo svanì per colpa di una cervellotica e assurda decisione dell’arbitro Gonella di Torino che oltre il tempo regolamentare “regalò” un calcio di rigore ai felsinei per un presunto fallo di Arcoleo su Bulgarelli. Successivamente negli anni quest’ultimo, per la cronaca, confessò la sua simulazione.
L’attaccante di cui stiamo parlando, molto amato nei ricordi dei tifosi palermitani, è Sergio Magistrelli (Sedriano, 11 novembre 1951) che milito’ in rosanero in due periodi diversi nella stagione 73/74 e dal ’76 al ’78 totalizzando complessivamente 87 presenze e 23 gol.

FOTO – MAGISTRELLI A PALERMO, LA GALLERY
“Arrivai al Palermo dall’Inter nel 1973 – racconta l’ex rosanero – giovanissimo ad appena 22 anni, dopo uno scambio con Mariani. Accettai la destinazione con molto entusiasmo consapevole del fatto che sarei andato finalmente a giocare, anche se in serie B, visto che a Milano facevo tanta panchina. Devo aggiungere che nella trattativa fu molto convincente l’allora dirigente rosanero Avv. Matta”.
“L’approccio con la città fu splendido – prosegue Magistrelli – un po’ meno con l’allora allenatore rosa Corrado Viciani. Facevo fatica ad adattarmi agli schemi e a i suoi metodi d’allenamento tanto che disputai un deludente girone d’andata, poi chiesi un confronto con il mister a cui dissi che avevo bisogno di una preparazione specifica e fui accontentato, tanto che nel girone di ritorno cambiai decisamente rotta con un rendimento straordinario giocando sempre e segnando tanti gol.
Uno dei bellissimi ricordi che conservo con me, è quello di aver conosciuto il Presidente Renzo Barbera. Una persona straordinaria oltre che un autentico galantuomo, ricordo che malgrado le difficoltà nel pagare gli stipendi veniva da noi con sincerità cercando sempre le soluzioni.
L’evento principe di quell’anno, ovviamente, fu la finale di Coppa Italia a Roma con il Bologna. Ricordo che già la vigilia non fu di buon auspicio infatti fummo costretti a cambiare albergo perché quello inizialmente scelto dalla società era uno “schifo” in tutto.
Per il resto mi sentivo molto sicuro, avevo visto giocare la squadra emiliana e non mi sembrava un ostacolo insormontabile, anche perché noi correvamo molto. Infatti la gara confermò tutto ciò, i nostri avversari furono costantemente messi in difficoltà su tutti settori del campo, andammo in vantaggio con un mio bel colpo di testa e da qui comincia il rammarico di non avere chiuso la gara. Sia io che Barbana abbiamo avuto tante occasioni per farlo. Quasi alla fine della gara pensavo già ai festeggiamenti, mi vedevo con la coppa in mano a girare il campo, e soprattutto a ciò che sarebbe successo al nostro arrivo a Palermo con il trofeo. Proprio a tempo scaduto, invece si consuma una delle più clamorose ingiustizie della storia del calcio: dopo un fallo laterale invertito battuto dai nostri avversari con una “furbata” verso l’interno dell’area di rigore, il loro capitano Giacomo Bulgarelli crollò per terra dopo essere stato regolarmente sfiorato da Ignazio Arcoleo. L’arbitro Gonella indicò il dischetto e tra le proteste e la rassegnazione (Savoldi era il loro rigorista e praticamente infallibile dagli 11 metri) andammo ai supplementari dove sfiorammo più volte il gol e persino ai rigori fummo in vantaggio sino alla sequenza del terzo tiro, per poi fallire gli ultimi due con Vullo e Favalli. Da lì ci cadde il mondo addosso”.

“Ricordo la domenica successiva con il Catanzaro in casa: fummo accolti da vincitori e i tifosi al centro del campo ci vollero consegnare una copia della Coppa Italia dopo una commovente cerimonia. Ricordo pure che il presidente Barbera ci diede ugualmente il premio come se avessimo vinto.
Con i tifosi ho avuto ed ho ancora un bellissimo rapporto, ripeto, dopo un inizio difficile ho fatto tre anni bellissimi e indimenticabili”.

“La mia avventura a Palermo giunse al termine nel giugno 1978. Il nuovo allenatore Fernando Veneranda preferiva Vito Chimenti tanto che accettai la corte del Lecce dell’allora direttore sportivo Cataldo che stravedeva per il sottoscritto e venni scambiato con un certo Montenegro.
Saluto con affetto i tifosi che ricordo unici per affetto e attaccamento alla squadra”.
Ciao Sergio, giocatore di un Palermo che ci ha fatto sognare, fatto di uomini veri e straordinari.


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