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Chi era Ghito Vernazza, il bomber rosanero più amato / FOTO

É stato uno dei campioni rosanero più amati, forse il più amato. Tutti conoscevano Julio Carlos Santiago Vernazza, ma lo conoscevano tutti per il suo appellativo di “Ghito”, diminutivo di Santiaghito (grossolana trascrizione italiana di Santiaguito ma che in fondo trasudava – e trasuda ancora – di smisurato affetto).

La sua vita dopo il calcio giocato è stata segnata dalla crisi economica in Argentina che fece svanire tutti i suoi averi (investiti in patria), ma non era mai stato dimenticato da Palermo e dal Palermo, che lo riaccolse in città nel 2009 per delle attività legate alle giovanili; lui che era stato fra i primi a riconoscere e scoprire il talento cristallino di Javier Pastore, lui che con il suo micidiale stop e tiro di destro (e una punizione segnata da centrocampo contro l’Alessandria di Rivera) aveva fatto innamorare un’intera generazione di tifosi rosanero.

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A Palermo (su intuizione del segretario-factotum Totò Vilardo) arrivò già da mito del calcio argentino: Vernazza sbarca in Sicilia nel 1957 con un ingaggio da 7 milioni di lire, dopo aver già vinto 4 campionati argentini vinti con il River Plate e il titolo di capocannoniere del 1956. Circondato dagli spalti della Favorita sarebbe diventato il “più grande giocatore rosanero del secolo” (come sancì un sondaggio del Giornale di Sicilia di diversi anni fa).

Con la maglia del Palermo divenne uno dei giocatori più prolifici di sempre: solo Radice, Toni e Miccoli gli rimasero davanti: Ghito segnò 51 reti in 115 presenze (nel 1958/59 divenne il primo straniero a diventare capocannoniere in Serie B), diventando idolo indiscusso del pubblico; quello stesso pubblico che alla prima in maglia rosanero lo aveva fischiato. Lui del Palermo fu anche allenatore per un giorno, il 15 maggio 1960, quando Vcypalek venne licenziato in piena riunione tecnica e lui venne nominato da Vilardo come giocatore-allenatore contro l’Inter, a Milano, con i nerazzurri già fuori dalla corsa scudetto e contro i quali il Palermo riuscì a pareggiare in extremis.

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L’addio al Palermo (in mezzo anche l’unico rigore sbagliato in carriera – contro il Genoa) sarebbe arrivato solo un mese dopo, nel giugno del 1960, con il Palermo che vide sfumare la salvezza contro la Juventus di Boniperti, Charles e Sivori (cha al contrario di quanto si disse alla vigilia non fece sconti, scatenando anche la rabbia di Dionisio Arce che sputò su Charles). In A ci rimase l’Udinese, il Palermo andò in Serie B e per motivi di bilancio (come spesso è accaduto nella storia rosanero) il club è costretto a cedere il proprio gioiello.

Lo prese il Milan per 100 milioni di lire, per farlo diventare la “spalla di Altafini “, ma già nel 1961 venne ceduto al Lanerossi Vicenza, ultima esperienza della sua carriera prima di ritirarsi a 35 anni e vedere sfumare la possibilità di rimanere in Italia come allenatore. Un addio amaro al calcio, di cui il Palermo fu e rimarrà per sempre il capitolo più dolce.

 

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