Nestorovski: “Juve, Napoli, Real? Col Palermo sono già in paradiso”

Sin da piccolo appassionato di calcio e pronto a fare sacrifici pur di giocare a pallone, ora si trova ad essere attaccante e bomber del Palermo. L’attaccante macedone si racconta al Corriere dello Sport tra routine e passato, fino ad arrivare a come si è preso Palermo e i suoi tifosi: “Sono andato a scuola fino al ginnasio. Senza un pallone non avrei saputo cosa inventarmi. Ho sempre creduto di essere un grande, di poter sfondare. La mattina, mi alzo e sono allegro, faccio quello che mi piace e con entusiasmo. Non sono come altri che sognano Real Madrid o Barcellona, Ronaldo o Messi, cerco la mia felicità. Se guadagno qualche soldo in più meglio. Ma la mia vita è bella… Ho una moglie fantastica, una bambina magica, la piscina, gioco in A, ho soldi, tutto. Intanto, aiuto il Palermo a salvarsi. Non penso ad altro fino al termine della stagione. Finita la scuola – continua- , mi fermavo con gli amici nel campetto allora di cemento: calcio, basket, pallamano. Adesso sono tutti alle prese con internet e facebook e quei campetti restano vuoti. Gol? Pur di giocare dicevo che ero portiere. Anche mio figlio farà il calciatore mai in porta anche se l’importante a quell’età è divertirsi. Non sono cambiato. Mi chiedono: il Napoli, la Juve, il Real? Voglio essere felice, se sto in panchina non lo sono”.

Mentalità vincente del macedone che dice di essere in paradiso nel capoluogo siciliano: ” Essere il migliore, sempre. Del resto anche a carte con mia moglie o a palla con mia figlia, voglio solo vincere. Se sei il migliore, gli occhi saranno puntati su di te. Prima non avevo grandi squadre o soldi. Oggi sono in paradiso. Lo sono sempre stato dove ho lasciato il cuore. Qui a Palermo rappresento un simbolo, vivo bene, è la mia dimensione. Posso andare anche a Roma o a Torino ma se non gioco il fuoco si spegne”.

Non mancano le superstizioni: “Una volta in Croazia segnai con le mutande blu e chiesi a mia moglie di conservarle solo per la partita. Se faccio gol, ripeto gesti e situazioni. Comunque debbo essere il primo ad entrare in campo. Contro il Napoli, ho preso un’omelette a colazione e ora continuo a farlo. Avevo promesso di tagliarmi barba e capelli se avessimo vinto contro il Crotone. Poi ci ho ripensato: vuoi vedere che va bene così? Martina non ha sentito ragioni: con voi in arrivo, dovevo presentarmi al top. In compenso sembro un ragazzo di diciotto anni … Sono del segno dei pesci, nessuno ci crede. I pesci sono tranquilli, io mi sento un coccodrillo. Carattere? Tu mi vuoi bene, io te ne voglio; tu mi vuoi male, io trenta volte di più”.

Infine, il gol più bello e quello che vorrebbe realizzare: “Ricordo nella palestra indoor della scuola. Non avevo sei anni. Dribblai tutti, pure portiere. Il futsal mi è servito. Guardate i gol al Crotone e all’Atalanta. E con il Sassuolo l’assist di tacco a Quaison. Il più bello? L’avrei segnato a Buffon se non avessi preso la traversa. Mi resta quello in Zapresic contro Istra: palla a giro all’incrocio dal limite. Quello che vorrei segnare? All’ultimo minuto, decisivo, su rigore e col cucchiaio. Magari domenica… Il gol per me è gioia, Immaginate che prima, anche con un cinque a zero in tasca, se non segnavo, era come se non avessi vinto. Ora sono cresciuto. Totti urlava da ragazzino che il gol è come un bacio? Per me, lo scriva, è il sesso”.

L’intervista completa si trova sul Corriere dello Sport.

 

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