Una retrocessione senza buon senso | Aspetteremo altri 32 anni per rivedere la A?

Io me lo ricordo bene quel 20 maggio 1973. Quel giorno finì il campionato di serie A che vide retrocedere Palermo, Ternana e Atalanta (per la verità la matematica per i rosanero era già arrivata qualche domenica prima): avevo 11 anni e quel giorno – il giorno del mio compleanno – passò alla storia come il campionato della “fatal Verona”. Spiego meglio, per i giovani di adesso: fu il giorno in cui il Milan – di cui ero tifoso – buttò uno scudetto già vinto perdendo incredibilmente 5 a 3 a Verona e la Juventus, che segnò a 3 minuti dalla fine a Roma il gol vittoria, fece un rocambolesco sorpasso.

Avevo già metabolizzato la retrocessione del Palermo di cui ero già tifosissimo. Erano gli anni in cui il Palermo oscillava tra la A e la B, protagonista di fugaci apparizioni nel massimo campionato. Nessuno però avrebbe mai pensato che sarebbero passati 32 anni prima di rivedere la serie A sotto la presidenza di Zamparini. Furono anni di serie B di elite, due finali di coppa Italia rubate e buttate, poi la radiazione e la ripartenza dalle serie minori. Ci gasavamo per un Palermo – Andria da primato, ci disperavamo per una mancata vittoria nel derby di Siracusa o Giarre. La serie A era un’altra cosa, via via con il passare degli anni ce l’eravamo dimenticata e sembrava ormai una chimera.

Un lungo preambolo per dire che a volte è una questione di prospettive: quelli della mia generazione hanno visto negli ultimi quindici anni spettacoli che mai ci saremmo aspettati. Salvezze comode, qualificazioni in Europa League, la finale di coppa Italia a Roma contro l’Inter, una sfilza di grandi giocatori che è inutile stare qui a ricordare. Chi è nato dopo gli anni ’90 magari avrà pensato che la serie A a Palermo era una cosa normale, quasi un diritto. Ai quindicenni/ventenni di oggi sarebbe difficile spiegare che abbiamo mandato a memoria formazioni tipo “Pappalardo-Marsan-Cracchiolo….,” squadre di cui siamo stati giustamente orgogliosi e che ancora oggi ricordiamo con affetto. Noi “anziani” –non tanto anziani da avere visto Ghito Vernazza – non tratteniamo le lacrime se ci parlano del gol in rovesciata di Santino Nuccio; quelli giovani – beati loro – avranno pensato che era normale avere in squadra quattro – cinque campioni del mondo con la nazionale italiana. Punti di vista, appunto.

Vengo al dunque. Quanto durerà il Purgatorio? Un anno solo, come accadde quattro anni fa? Me lo auguro ma non sarei disposto a metterci la mano sul fuoco, quattro anni fa ero più ottimista di adesso. Stavolta c’è da ricostruire tutto: dirigenza, uomini chiave sul mercato, almeno quattro quinti di squadra: per conquistare l’immediata promozione bisognerà essere perfetti mentre fino a questo momento non sappiamo nemmeno quanti soldi avrà da spendere la nuova proprietà e se il closing si farà in tempi brevi.

L’ultimo triennio di Zamparini è stato una via crucis. Non è la retrocessione in sé a far male ma soprattutto il modo in cui è arrivata, sarà difficile rimuovere dalla testa le macerie di questa stagione. Dispiace perfino vedere che l’artefice della più bella pagina di storia rosanero, Maurizio Zamparini, debba essere costretto a “scappare” come un ladro di galline. L’ho già scritto, la storia gli renderà merito ma in questo momento è davvero difficile assolverlo. E’ stato commesso un vero e proprio delitto sportivo che poteva essere evitato – ci si poteva provare, almeno – non tanto con i soldi ma con il buonsenso. E dopo tre anni così non è semplice pensare positivo. Baccaglini, bontà sua, ci sta provando ma non bastano le parole, ci vogliono i fatti.