Caso Anna Frank, Lazio: “Contro di noi razzismo alla rovescia”

Una frase ad effetto per rispondere al caso. La Lazio ha pubblicato un comunicato stampa per rispondere alle accuse rivolte al club in merito al caso “Anna Frank” e gli adesivi antisemiti che hanno portato all’apertura di un’inchiesta federale e il DASPO emesso per 13 ultras biancocelesti.

Il comunicato, firmato da Arturo Diaconale, portavoce della Lazio, è diretto (qui un estratto): “Come si può chiamare un fenomeno del genere fondato su un evidente pregiudizio se non razzismo alla rovescia? La Lazio ha subito condannato la vicenda. E con il presidente Claudio Lotito ha manifestato solidarietà nei confronti della Comunità ebraica ed ha annunciato una serie di iniziative concrete tese ad isolare i tifosi estremisti”.

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“Ma questa reazione – aggiunge – non è riuscita a modificare la convinzione di alcuni secondo cui l’episodio non è ascrivibile all’ignoranza storica di pochi irresponsabili, ma all’intera tifoseria laziale bollata nel suo insieme come antisemita, razzista e violenta. A colpirmi è stata la follia degli autori della riprovevole goliardata. Ma a spaventarmi è stata la determinazione e l’intransigenza con cui si è sentenziato senza possibilità di appello non la responsabilità dei singoli scellerati, ma la colpa collettiva dell’intero popolo laziale”.

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E attacca: “Come se quest’ultimo fosse portatore di una sorta di peccato originale da mondare non con qualche acqua battesimale ma con il fuoco di una riprovazione politica e sociale destinata a ghettizzarlo per l’eternità nel recinto dei reprobi. Non si è trattato di una legittima e sacrosanta condanna di un episodio di antisemitismo e di razzismo. È stata una vera e propria ventata di maccartismo politicamente corretto che ha teorizzato la colpa collettiva dell’intera comunità dei tifosi della Lazio, senza distinzioni e differenze di alcun genere”.

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“Questo razzismo alla rovescia – conclude Diagonale – inocula dosi di tensione e di intolleranza estremamente pericolosi nella società italiana. Perché dà un ruolo ai pochi irresponsabili delle curve e mortifica chi vuole manifestare la propria passione sportiva per la squadra del cuore senza farsi coinvolgere in una colpa collettiva di cui non è assolutamente responsabile. Tornare al senso della misura e delle proporzioni è l’unico modo per uscire da una vicenda divenuta forzatamente clamorosa. In cui una battuta in vernacolo viene trasformata in un reato ed ogni tifoso laziale bollato come razzista”.

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