Chimenti, il figlio a Stadionews: “Papà, storia degna di Pelé. Grazie Palermo”

Valentino Chimenti ringrazia Palermo e i tifosi siciliani per l’affetto e l’amore dimostrati negli ultimi giorni. Il figlio dell’ex bomber rosa, scomparso domenica scorsa, lo ha fatto ‘intervenendo’ nella sezione commenti del pezzo di Stadionews “Buon viaggio, Vito Chimenti: con te se ne va un altro pezzetto di gioventù”, scrivendo un bel messaggio a tutte le persone che avevano scritto un ricordo di uno dei giocatori iconici della storia del Palermo.

“Ringrazio di vero cuore ogni singolo palermitano per l’amore profuso nei confronti del mio papà“, ha scritto Valentino Chimenti. “Palermo, i palermitani ed il Palermo calcio gli sono rimasti nel cuore, la maglia rosanero cucita addosso”.

Era un rapporto speciale quello fra Valentino e il papà Vito. Il figlio pochi giorni fa aveva scritto una lettera per raccontare i sacrifici dell’ex Palermo: “Babbo – esordisce Valentino – ti abbiamo salutato con un forte abbraccio, un abbraccio che troppe volte ti è stato negato nella vita. La vita con te è stata dura nonostante tu abbia avuto la forza di raggiungere risultati da sogno! Sí, ma a quale prezzo? Hai dovuto dimenticarti da subito d’essere un bambino, la situazione a casa non era brillante anzi, sacrifici enormi per tutti nessuno escluso, sacrifici pesanti che conosce solo chi affronta la fame, la povertà, il rischio di dover esser costretto a fare qualsiasi cosa pur di portare qualcosa sulla tavola”.

“Tante volte – prosegue il figlio di Vito – mi hai detto che il calcio è stata la tua salvezza e che senza avresti rischiato di prendere una brutta strada, sì, la strada. Via Principe Amedeo quartiere libertà, casa tua. Tu sei il più piccolo di cinque figli, hai dovuto sgomitare forse più degli altri, le scarpe che usavi erano quelle che i tuoi fratelli ti passavano dopo che a loro non entravano più, il pallone lo ami da subito, scappavi da quel sottoscala (abitavi lì) e correvi a giocarci al campetto della chiesa del redentore o al canalone, tua madre gridando ti “minacciava”: ce romp l scarp ti arromp la cap! (Non me ne vogliano i baresi, i miei amati baresi se non ho scritto bene per far capire il dialetto di cui sono innamorato). Tu cosa facevi? Obbedivi? In un certo senso si, oddio diciamoci la verità, almeno un paio le hai rotte, per il resto da quel che mi dicevano quando lavoravo nella nostra Bari tu praticamente giocavi spesso a piedi nudi. Una storia degna di Pelé, perdonatemi il paragone. La tua scorza dura faceva di te un personaggio a volte burbero, ma che in realtà nascondeva un tenerone, purtroppo lo ha scoperto solo chi poi ti ha conosciuto bene, bastava poco per farlo, dedicarti qualche ora di chiacchiere per capire il ragazzino che era in te. Invidie, critiche fanno tristemente parte della vita di ognuno di noi, tu le affrontavi magari a volte con troppa veemenza, ci hai messo sempre la faccia e sbagliando spesso, per carità lo ammetto. Però caro babbo, a volte pensavo, vai a spiegare alla gente che non sa, che tu non hai avuto la possibilità di avere carezze, di andare a scuola, d’essere amato. D’altronde è difficile imparare ad essere sempre umano da grande se da piccolo non hai conosciuto aspetti della vita piacevoli, se da ragazzino neanche dodicenne andavi a fare il ragazzo della bottega (mi suggeriscono gli amici di Bari l’episodio: “Vitin aggir la pizz!). Ed ecco spiegato l’eroe, il mio eroe! Hai fatto dell’unico amore conosciuto in giovinezza la tua passione, il tuo lavoro, la tua vita e, sorpresa che potevo evitarmi credimi, la tua morte”.

“Sto cercando di scrivere qualcosina tra una lacrima e l’altra, il cellulare si sta bagnando, ogni tanto faccio una piccola pausa perché tua nipote Miriam mi marca stretto e non vuole vedermi soffrire, cercherò di scrivere il più possibile, mi piace, mi aiuta a placare il dolore. Mi piace dare alla gente che ti ha amato ma anche a chi non ti ha amato una fetta della tua vita, molti non la conoscono affatto. Hai fatto della tua dote un’arte, sei riuscito a diventare un calciatore, il sogno di ogni bambino…la mia domanda è: come facevi solo a sognarlo se la tua realtà era tutt’altro che serena? Sarà stato proprio questa la molla che è scattata e che ti ha dato la spinta e la grinta giusta per farti largo, da solo contro tutto e contro tutti. Nella tua carriera hai dato modo di farti notare sia nelle categorie dilettantistiche che in serie A, il tuo essere calcisticamente sfrontato ti ha portato a fare “la bicicletta” tanto al cagnazzi di Altamura quanto di fronte ad una squadra della massima serie, alcuni del mestiere la chiamano “tecnica”. Già, la bicicletta…come mai a livello mondiale non si è più vista? Credo di saperlo, nessuno era così felice di giocare a calcio come lo eri tu (riecco il bambino che era in te, lo stesso bambino soppresso che non poteva permettersi di essere felice). Qualcosina mi torna alla mente, quel difensore rude che ad inizio gara ti minacciò: traccio questa linea sul campo davanti a me, se la passi ti fai male! Risultato? Primo pallone che ti arriva, controllo e tiro immediato, goal! Da questa parte della linea, tu lo guardi e gli dici io la linea non l’ho superata! Immagino la sua faccia…”
“Caro il mio eroe mi spieghi come hai fatto a toccare il cielo con un dito senza quel minimo di cultura? Ricordo che non hai terminato neanche le scuole medie, oddio hai preso la licenza media frequentando una scuola serale a Matera, da grande. Le tappe della tua carriera le conoscono tutti, pare che in questi due giorni di immenso dolore si sia parlato di te su tutte le testate giornalistiche ed in tutte le trasmissioni televisive sportive, abbess ti sì fatt canosc. Io tra tutte avrei preferito tu restassi a Pistoia, mi è rimasta nel cuore, già il cuore che organo strano, fa funzionare tutto il corpo, il cuore, impazzisce nel petto quando affronti grandi emozioni, il cuore, ti fa sentire che esisti oppure che non esisti più, il cuore! Lo sappiamo Vitin la tua Bari non ti ha dato la possibilità di giocare a casa tua, ci tenevi! Ma tu caro eroe quando ci giocavi contro facevi goal, non si fa così alla persona…Palermo ti è rimasta dentro, ti ha fatto innamorare del Barbera, della Vuccirria, delle strade e della sua fantastica gente, praticamente ti ha accolto come uno di loro. Il Palermo, tuo amore eterno, ci andavi non appena potevi e lo seguivi in TV come se fossi in curva. Certo caro babbo mi hai fatto fare chilometri negli anni in cui giocavi, cambiavo scuola ogni anno e quindi amici, non facevo in tempo a farne dei nuovi che già dovevo cambiare, echecazz”.
“Il ” la” al tuo boom calcistico è stato la città di Altamura, poi il senatore Salerno (tra i pochissimi ad avere il fiuto del buon calcio qui dalle nostre parti) ti porta nella tua amata Matera, ci pianti il zippo! Lazio, Lecco, Salernitana, di nuovo Matera, Palermo (l’amato Nando Veneranda, l’amico Valerio Maio), Catanzaro, Pistoia, Avellino, Taranto. Ovunque ti hanno amato, ho il cellulare pieno di testimonianze arrivate proprio in questi due giorni. Oggi per il tuo saluto ti hanno donato la maglia l’Altamura, il Matera ed il Pomarico, poi una sciarpa, quella del Taranto e su quest’ultima mi soffermo un attimo. Il perché è presto detto, mi è arrivata questa sciarpa ieri sera, ciò che mi ha colpito è che a donarla è stato un tifoso ultrà del Taranto calcio (di cui non conosco neanche il nome) di Castellaneta che non se la passa tanto bene, è in carcere per non so cosa, mi ha fatto riflettere, come ad un segnale, un simbolo. Ha saputo della morte di Vito Chimenti e ha chiesto che la sciarpa fosse lì a salutarlo nel suo ultimo momento, grato per quanto fatto negli anni passati a Taranto nuest. Mio padre era molto più vicino a persone in difficoltà come queste piuttosto che ad altre, a queste persone lui regalava sempre i biglietti per andare allo stadio e le sue maglie da gara (credetemi le ha sempre regalate ed oggi purtroppo non ne ho neanche una per me), ed ecco il pensiero che mi è balzato alla mente, lui ha pensato a uomini in difficoltà ed un uomo in difficoltà ha pensato a lui nel suo ultimo abbraccio terrestre. Mi son dilungato un pochino, ne avevo bisogno perdonatemi. Ringrazio tutti, uno ad uno, siete in tanti ad aver espresso un pensiero per mio padre e non potrei mai farcela a rispondere ad ognuno singolarmente, non ci sono parole per quanto accaduto ma la vostra vicinanza aiuta a gestire la sofferenza, Ve ne sono grato. Buon viaggio babbo, te lo ripeto sei il mio eroe e di nuovo grazie per tutto quello che hai fatto per me”.

2 thoughts on “Chimenti, il figlio a Stadionews: “Papà, storia degna di Pelé. Grazie Palermo”

  1. Vito era innamorato di Pelè. Io la conobbi durante gli anni d’oro, poco prima di “Pisa e Varese” per capirci, in uno studio di una tv privata locale, e mentre eravamo nella cabina regia in un monitor scorrevano immagini, in bianco e nero, di calcio. A un certo puntò spuntò Pelè e Vito Chimenti si bloccò: guardava il video e diceva Pelè, Pelè, Pelè… ipnotizzato.

  2. Il suo primo campionato l’ha fatto qui ad Altamura è tutti noi l’abbiamo amato.le sue prime biciclette le ricordiamo ancora.ti porteremo sempre nel ❤️

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