“Questo calcio non mi manca, spero di ritrovarlo migliore”

“Per questa settimana sono contento e soddisfatto e dunque tralascio di occuparmi dei commenti che arrivano dal fiero avversario di Torre Annunziata. Solo una piccola cosa, dico e vale per tutti, non solo nel calcio: con i se e con i ma non si conclude nulla, anzi si fanno più nervi. Se tanti se e tanti ma avessero avuto un seguito, il Palermo – in questo caso lo chiamo con il suo nome – non sarebbe certamente in Serie D a giocarsi la promozione contro gli irriducibili, diamone atto, oplontini, ma in Serie B o forse addirittura in Serie A, a discutere con gli altri se giocare a porte chiuse o non giocare”.

Si concludeva così, con una ironica risposta alle immancabili lamentazioni di casa Savoia, il mio ultimo contributo da “Vulcanico rosanero” per Stadionews24. Era il 3 marzo, esattamente un mese fa; si era giocata due giorni prima, domenica 1, la ventiseiesima giornata, nona di ritorno, del campionato di Serie D, e l’SSD Palermo di Rosario Pergolizzi aveva stravinto 4-0 con il Nola, regalando una bella festa di gol al suo pubblico innamorato e confermandosi saldamente in vetta alla classifica del girone I, con sette punti di vantaggio sugli irriducibili inseguitori campani, dunque con un buon margine ma con la prospettiva di una promozione da conquistare domenica dopo domenica, evitando passi falsi compromettenti.

Poi più nulla. Fine delle trasmissione. Il virus maledetto, il nemico invisibile che ha finora ucciso oltre un milione di persone, la pandemia che ci tiene chiusi in casa insieme a metà dell’umanità perché in casa dovremo stare, facendo senza obiezioni quello che ci dicono nell’interesse nostro, dei nostri figli e nipoti, per uscire da quest’incubo prima possibile, ha travolto tutto e ovviamente anche il calcio, i campionati, le partite, il tifo, gli sponsor, le scommesse, le piccole e grandi “truffalderie” e tutto quello che, con tanta seriosità, viene chiamato sistema calcio.

A nulla è valsa l’isterica, imbarazzante, vergognosa resistenza di un pugno di capoccia di questo sistema, i boss della Serie A, che avrebbero voluto continuare a giocare nonostante i contagi a tempesta e il terrificante crescendo dei morti; per loro i soldi di pubblicità, sponsor, varie ed eventuali, contavano più dell’orribile dramma di questa guerra di tutto il mondo contro un nemico che non si vede e che ancora sta vincendo. I giocatori, quando già l’epidemia era in piena evoluzione e noi cercavamo di stare ben lontani dagli altri, continuavano ad abbracciarsi come i pazzi dopo i gol, fin quando sono cominciati i contagi anche tra i divi del pallone. A quel punto il sistema si è arreso, non più mondo a parte capace di fare il bello e il cattivo tempo fottendosene del resto dell’umanità, ma finalmente e per forza di cose costretto a fermarsi, a scendere dal piedistallo e a integrarsi con il resto della comunità e delle sue regole.

Io sono contento così, non solo perché è giusto e sacrosanto, ma perché mi faceva veramente schifo quell’atteggiamento di tanti presidenti e dirigenti del grande calcio, pomposamente impassibili, perfino autolesionisti davanti alla drammatica piega che stavano prendendo gli eventi nel Paese aggredito dal Covid-19.

E oggi che torno a scrivere, con immenso piacere, di pallone su Stadionews, rispettando un impegno preso con il carissimo direttore Guido Monastra e con il sito che mi ha anche fatto l’onore nei giorni scorsi, di pubblicare una mia lettera al mio nipotino che non posso vedere causa “distanziamento sociale”, dico senza peli sulla lingua una cosa impensabile per uno che ama moltissimo questo sport meraviglioso e che lo conosce profondamente per avere frequentato per anni e anni stadi e spogliatoi: il calcio, questo calcio non mi manca per niente, non sento nessuna crisi di astinenza.

Non è solo perché i giorni spaventosi che stiamo vivendo ci riempiono la mente e il cuore di pensieri e preoccupazioni che ci fanno mettere da parte tutto il resto, ma anche perché questo calcio non mi piaceva più da tempo, almeno ai massimi livelli. Non mi piaceva il divismo sfrenato e i troppi soldi per i divi, l’arroganza e tanti atteggiamenti mafiosi o quasi di chi detiene il potere, la presenza eccessiva e invadente nelle nostre vite, l’ossequio assoluto al potere del dio denaro, le chiacchiere e volgari risse, il troppo chiasso mediatico, i troppi imbrogli e porcherie, il diluvio delle scommesse; cose che, per quanto mi riguarda, hanno finito per rendermi freddo e disincantato, pur mantenendo inalterata, per fortuna, la capacità di entusiasmarmi di fronte a grandi giocate, grandi giocatori e grandi gol.

Ecco perché non sento nostalgia di questo calcio, che certamente, non so come, ritroveremo come ogni altra cosa cambiato dopo la fine dell’incubo, non so quando. Cambiato in meglio, lo spero tanto, ma non so se così sarà.

Per la ripartenza, mi auguro di rivedere altre immagini meravigliose come le ultime che mi restano impresse nel cuore di appassionato prima dello stop del pallone: i quattro favolosi gol del carissimo Josip Ilicic a Valencia, i tre del nostro grande Roberto Floriano contro il Nola allo stadio Barbera, dulcis in fundo l’amore infinito dei tifosi rosanero per la propria squadra, che vedo ancora vivissimo ed entusiasta sui social. E’ questa l’anima vera del calcio che deve restare, è questo lo sport che amo e voglio amare ancora a lungo.

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