Palermo, l’inconsapevole forza dell’essere una squadra vera

FOTO PEPE / PUGLIA

Mi perdoneranno tutti coloro che sono improvvisamente contagiati dalla consapevolezza zen che il Palermo sarebbe salito in B quasi come fosse predestinato e prediletto dagli Dei, io però non credo che questa promozione sia frutto di una programmazione profonda e consapevole dei propri mezzi. Precisiamo per non essere pillicusi, non sto dicendo che il Palermo per andare in B abbia avuto tanto fattore C, ma che non è stato il cammino di chi fino a poco prima dei playoff avrebbe pensato a questo finale da goduria collettiva. Il Bari e il Padova, ad esempio erano corazzate costruite con la consapevolezza che sì, era tempo di tornare a palcoscenici più consoni.

I rosanero non hanno comprato assi, però hanno comprato uomini. Gente che se avesse trovato l’amalgama (il famoso giocatore tanto agognato da Massimino), forse avrebbe avuto voce in capitolo. Floriano per tutto l’anno ha cantato e portato la croce. Nella finale di ritorno non è stato appariscente, ma era lì, difendeva e ripiegava. Brunori prima di approdare al Palermo non aveva avuto degli score degni di questo nome. E non occorre andare a controllare i social per vedere quello che si diceva della squadra tra settembre e novembre. Eppure ad un certo punto (che ha nome e cognome: Silvio Baldini), i calciatori sono diventati squadra e pur non essendo una corazzata hanno fatto male, malissimo a tanti.

No. Questo Palermo non dava l’impressione di consapevolezza. Però quasi come fosse rimasta traccia del DNA di Zamparini, ha saputo pescare calciatori di promessa che poteva essere mantenuta. E non è detto che non essere tra le candidate ad ammazzare un campionato sia un male. Se mi si permette un paragone, questo Palermo a me ha ricordato il Leicester campione d’Inghilterra di Ranieri nelle dinamiche psicologiche. Calciatori che fino a quel momento non erano una squadra che lo sono diventati. Si sono guardati e ad un certo punto erano talmente in alto da essersi detti “beh, perché non provare”. Jamie Vardy, che fu un crack nell’anno del titolo, la stagione precedente aveva realizzato solo 5 gol.

Poi qualcosa è sorto come un’alba improvvisa e di colpo il cielo era più vicino del previsto. Merito, tanto, anche di chi ha saputo usare le parole giuste e le tattiche migliori a esaltare i singoli. Per i rosanero è stato Baldini. L’immagine più eloquente di quanto il Palermo abbia preso coscienza e si sia impadronito di sé e del proprio ritmo è stata nella finale di ritorno. Il portiere Massolo che per ben tre volte non ha potuto far partire il contropiede immediato perché erano tutti indietro a difendere, pure Brunori e Floriano. Perché non doveva passare niente e niente è passato, e allo stadio durante la finale questa percezione mi è arrivata netta. Questione di consapevolezza. Raccolta pian piano e diventata preziosa.

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4 thoughts on “Palermo, l’inconsapevole forza dell’essere una squadra vera

  1. Il calcio è uno sport e come tale soggetto a mille varianti. Chi vuol far credere che tutto può essere programmato è in malafede e vuole bleffare. Puoi gettare le basi questo si, ma poi decide il campo , la palla che rotola. Baldini docet.

  2. A meno che , aggiungo, tutto non venga truffaldinamente preordinato, vedi gruppo Moggi e compagnia. Fate caso : da quando è stata utilizzata la Var i campionati si decidono all’ultima partita. Prima la Juventus vinceva con 10 giornate di anticipo. Riflettete , amici.

  3. Sono d’accordo.Questa squadra per valori tecnici,non si dimostrava molto inferiore a Cartanzaro,Avellino,o anche Bari,ma aveva delle difficolta’.Baldini,che all’inizio cambiava tanto,probabilmente per capire meglio la rosa a disposizione, a un certo punto ha trovato assetti,schemi e uomini giusti,ha dato una fisionomia,ma sopratutto,consapevolezza,sicurezza,coraggio.E la squadra ha vinto con queste armi,diventando quasi insuperabile.

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