Palermo, “muriu u cani”: nel derby servirà uno scatto d’orgoglio

FOTO PEPE/PUGLIA

“Muriu u cani”. Quando ci sentiamo o ci vediamo (succede purtroppo poche volte perché la professione e la vita ci hanno diviso) un mio vecchio e carissimo collega e amico, grande giornalista, mi saluta con questa frase, accompagnata da una gran risata, ricordandomi il modo cinico e anche un po’ macabro, molto palermitano, con cui commentavo in modo spicciativo alcuni delitti di mafia ai tempi in cui scrivevo di cronaca nera.

“Muriu u cani”, colorita espressione palermitana che si usa per dire che tutto è finito, che tutto è finito – perché non c’era nulla da fare, perché la situazione era irrecuperabile – è quello che ho scritto ieri mattina all’alba su whatsapp al mio migliore amico quando ho letto su Stadionews24 (dormivo, come i veri anziani, quando è arrivata la notizia) che l’allenatore del Palermo Roberto Boscaglia era stato esonerato dopo la bruttissima sconfitta di Viterbo. Cacciato a furor di popolo, direi, perché è la pura verità, senza volere infierire, non è mio costume.

Questa frase, certamente brutta e molto poco elegante ma altrettante efficace nella sua brutalità e soprattutto molto ben comprensibile dai tifosi palermitani nel suo significato più profondo, è davvero l’unico sintetico pensiero che mi viene in mente per commentare un fatto che non può essere assolutamente considerato una novità clamorosa e che, per quanto riguarda me e questa rubrica, era nell’aria e nelle cose già da molto tempo. Credo già da parecchie settimane di avere espresso tutte le mie perplessità sulla conduzione tecnica della squadra – a prescindere dai valori dell’organico, che a mio avviso non sono poi così inferiori a quelli delle avversarie sotto il terzo posto nell’attuale classifica – e soprattutto sul rapporto tra allenatore e giocatori, che da tempo e forse da sempre appariva incerto e molto sfilacciato.

Per arrivare all’esonero di Boscaglia ci voleva dunque la inqualificabile, vergognosa sconfitta del Palermo a Viterbo (con il gol di Adopo agevolato dall’ennesimo pasticcio difensivo rosanero), dove è stato oggettivamente toccato il fondo non soltanto per la prestazione in campo priva di anima oltre che del tutto insufficiente, ma soprattutto per l’approccio mentale dei giocatori, culminato con le incredibili e inaccettabili performances nevrasteniche di Almici e Odjer, che si sono fatti buttare fuori dall’arbitro e dunque si sono guadagnati la squalifica alla vigilia del fondamentale derby di Catania.

Evito giri di parole e dico con chiarezza quello che penso: a cacciare Boscaglia non è stata soltanto la dirigenza del Palermo, ma anche e soprattutto la squadra, arrivata evidentemente al collasso totale nel rapporto di fiducia con il tecnico. Aggiungo e riporto per come mi è arrivata all’orecchio da tempo, una interpretazione maliziosa e probabilmente fantasiosa, che è il rovescio della medaglia di quanto scritto finora: l’allenatore gelese avrebbe fatto di tutto, con i suoi continui, bizzarri, volubili, esasperanti esperimenti che non hanno contribuito alla stabilità degli equilibri tecnici ma anche umani nella squadra e nello spogliatoio, per “non evitare” l’esonero perché non era più soddisfatto, forse non lo era mai stato fino in fondo, della scelta fatta.

Non so se sia vero o solo curtigghio e comunque ormai poco, anzi pochissimo interessa. Mi dispiace sia finita così perché ero uno di quelli che confidava nelle qualità e nel buon curriculum dell’allenatore gelese per guidare il Palermo verso risultati e prospettive diversi. Oggi però “muriu u cani”, forse troppo tardi, speriamo di no, per cercare di salvare il campionato, raggiungendo alla fine un piazzamento dignitoso tra le prime dieci in classifica per partecipare ai play-off promozione. La squadra è stata affidata al secondo Giacomo Filippi, non sappiamo se temporaneamente o meno non avendo contezza se il Palermo ha i piccioli per ingaggiare un nuovo tecnico preparato ed esperto, capace di prendere in mano le redini di un gruppo in grave difficoltà per la situazione e portarlo a un rendimento migliore.

Certo è che il derby di Catania è una formidabile prova del nove, la migliore o peggiore possibile a seconda dei punti di vista per dimostrare carattere, dignità, capacità di reazione, soprattutto che era l’allenatore il vero problema del Palermo più che la mediocrità tecnica dei giocatori, anche se sappiamo bene che c’entrano entrambe le cose.

Dopodomani sera, allo stadio Massimino, scenderà in campo un Palermo non soltanto scosso dal cambio in panchina, ma anche da squalifiche (Almici, Odjer, Saraniti) e infortuni (Doda, Corrado, Lancini e Valente, per il quale si tenterà il recupero): assenze importanti. La squadra si sta leccando le ferite nel ritiro di Comiso, deciso dalla società dopo la sconfitta di Viterbo, cercando di ritrovare serenità, concentrazione, anche se fondamentale sarà uno scatto d’orgoglio.

A Catania, inutile sottolinearlo, sarebbe già stata sfida terribilmente difficile, lo sarà adesso ancora di più, anche se per i rosanero le motivazioni saranno fortissime. Ma lo saranno naturalmente anche per i rossazzurri, che ieri hanno raccolto sul campo della non irresistibile Vibonese un pareggio non esaltante (1-1, gol ancora di Sarao e ancora di testa). Mercoledì sera al Massimimo sarà certamente grande battaglia agonistica, speriamo anche una bella partita che possa riconciliare con il buon calcio e, da parte rosanero, fare voltare pagina dopo la bruttissima conclusione dell’avventura di Boscaglia.

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