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Dybala: “A Palermo si prendevano cura di me, a Torino…”

L’attaccante della Juventus Paulo Dybala si è raccontato, tra passato e presente, in una lunga intervista al Venerdì di Repubblica: “Ho sempre ammirato Ronaldinho, l’idea che il gioco sia magia e non sofferenza. Il primo mondiale davanti alla tv è stato quello del 2002, finale Germania-Brasile, tifavo per le tre R, anche per Ronaldo e Rivaldo: la loro diversità, anche fisica, era geniale. A me piace tutto quello che è il mio opposto, non so, forse lo riconosco come parte mancante. Ammiro  molto anche Pirlo, Del Piero, Agüero e la freddezza di Benzema. I killer non mi dispiacciono, soprattutto quelli sbrigativi, che non sudano, che uccidono senza essere barocchi. Ma non mi piacciono i bulli, i giocatori cattivi, quelli che vivono di eccessi,
quelli che pensano sia giusto fare la cosa sbagliata, perché così qualcuno ne parlerà, quelli che vogliono a tutti i costi essere diversi”.

“Io – continua la Joya – ci tengo alla mia immagine, che male c’è a cercare di essere perbene? Non mi butto in area, non cerco il rigore, credo che si possa fare qualcosa per gli altri anche senza essere maledetti e arrabbiati, senza sputare sulla vita. Per questo sto per creare una fondazione, con sede in Argentina, che si occuperà di bambini disagiati e problematici. Mi esercito come un matto per avere più sensibilità e capacità. Alleno anche gli occhi, con degli esercizi. A vedere più in là, in direzioni diverse, ad anticipare gli avversari, a intuire traiettorie. E inizio a fare molta palestra”.

Dopo l’esperienza a Palermo in maglia rosanero Dybala è volato dritto alla Juventus. E in questi anni passati a Torino il giovane attaccante ha riscontrato piccole ma sostanziali differenze anche nel modo di vivere: “Mi sono accorto che ci sono Italie diverse appena arrivato al Nord, alla Juve. A Palermo vivevo a Mondello, giravo in bici, andavo al mare, i vicini si prendevano cura di me, anche se avevo mia mamma Alicia. Qualsiasi cosa mi mancasse, loro c’erano. Torino è elegante e discreta, ti lascia in pace, ma se ti serve lo zucchero, inutile suonare ai vicini, meglio puntare dritti al supermercato. Noi argentini siamo affettuosi, abbiamo bisogno di famiglia, le radunate non ci spaventano. Per cui questa riservatezza un po’ mi pesa. Qui sul pullman verso lo stadio ognuno ha gli auricolari e sente le sue canzoni, io in Argentina ero abituato ad un apparecchio gigantesco che sparava musica a palla, tutti allo stesso ritmo, cafone magari, ma divertente”.


Tra i bianconeri il primo ad accogliere Dybala alla Juventus e fargli capire la filosofia di gioco della squadra è stato Gigi Buffon: “Il benvenuto nella Juve me lo ha dato Buffon nello scorso campionato. Eravamo in difficoltà: quattro punti in 10 partite, ko con il Sassuolo, nostra quarta sconfitta, Gigi parla di umiltà, di senso di responsabilità, di vergogna per le brutte figure. Lì ho capito che alla Juve non si cercano scuse e che il codice per la vittoria non cambia mai”.

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