C’è qualcuno che possa dichiararsi innocente nella Palermo dei mille “senza”?
Da tifoso che ha vissuto il Settembre nero del 1986 e che rivive, dopo anni di ebbrezza, il dramma sportivo di una retrocessione a colpi di carta bollata, mi sono imposto in questi giorni un attonito silenzio denso di dispiacere, di disinganno, di rancore. Quanto ribrezzo per una sentenza ingiusta che punisce due squadre e i loro tifosi mentre, ora come allora, avvoltoi famelici volteggiano sul cadavere del Palermo.
Ma sarebbe scontato ripetere le obiezioni di cui sono pieni giornali e siti locali sul contrasto tra i giudizi della magistratura ordinaria e di quella sportiva, sul palese fallimento della Covisoc, sulla disomogeneità con cui vengono comminate le sanzioni e sul gigantesco conflitto di interessi del Consiglio di Lega B che vede tra i suoi componenti dirigenti di Salernitana, Pescara, Benevento e Perugia. Io vorrei solo obiettare che in questo sfacelo in pochi a Palermo possono dichiararsi totalmente innocenti.
PALERMO, SI RIPARTIRÀ DA PUSCAS E MOREO. E ANDRANNO VIA IN TANTI
L’atavico servilismo siculo che da secoli ci fa scambiare diritti per elargizioni e che ci rende persino capaci di concedere fiducia nel chiuso di una cabina a chi solo pochi mesi fa ci insultava al grido di “terroni” ha fatto sì che per anni abbiamo dovuto sorbirci il ritornello del “dove saremmo senza Zamparini?”.
Quanti tra noi tifosi, e non parlo dei “tempi delle vacche grasse”, hanno continuato a definire il recluso in Vergiate come “il più grande presidente della storia del Palermo”? Quanti, perpetrando una polemica fratricida con chi da anni sentiva puzza di bruciato, sostenevano il principio del “solo la maglia” la cui applicazione rendeva il “vero tifoso” buono solo a credere, obbedire e combattere alimentando un inganno basato su un immenso ricatto sentimentale? E quanti hanno detto e scritto che “il Barbera non andava boicottato”? Mentre a Trigoria risuonano le proteste per De Rossi, qui siamo ai “Grazie Daniela”.
Quanti tra i politici locali che oggi, in piena campagna elettorale, ostentano fiera indignazione facevano finta di non vedere le follie gestionali compiute nel totale disprezzo della tifoseria? Quanti tra i cronisti locali che oggi si esercitano nei “crucifige” per anni hanno preferito il ruolo dei barboncini da compagnia a quello canonico di “cani da guardia del potere”? Chi tra gli aedi della dea Eupalla sollevava obiezioni quando il recluso in Vergiate montava e smontava organici, cambiava allenatori e dirigenti con la frequenza con cui si cambiano le mutande, spacciava ronzini per purosangue e si sbarazzava pervicacemente di tutti coloro che osassero entrare nel cuore di noi tifosi. E non i Dybala o i Pastore, che evidentemente non si potevano trattenere, bensì i Brienza, i Morrone, i Migliaccio, i Biava e il Fontana cui fu persino negata la passerella prima del definitivo addio.
O il Corini che un giorno rispose che “a prendere la squadra a calci nelle palle, il presidente si sarebbe fatto male perché la squadra le palle le aveva d’acciaio”. O il Tonino Asta, che restò in campo con la caviglia fratturata per non lasciare i compagni in 10 nella partita-spareggio di Lecce all’alba dell’era di Acquario per poi essere licenziato “per giusta causa”. E, a parte Mirri che non a caso condivide parte del Dna con il mio Presidente, dov’erano gli imprenditori palermitani quando il meglio che si presentasse a remare per tentare di rimettere in linea la barca rosanero erano il Baccaglini con Thais, il Cascio senza Michael Jackson, il Follieri senza la Hathaway e i figuranti inglesi senza il becco di un penny?
Per quanto comodo possa apparire, l’ennesimo dramma sportivo che si consuma sulla nostra pelle (e che temo non sia ancora finito) non ha un solo colpevole identificabile con nome, cognome, origine, residenza e precedenti specifici. Sarebbe onesto riconoscerlo ricordando che, nella città dei tanti “senza”, il “senza squadra in A o in B” in fondo non è una tragedia. Perché mai una città di serie C, che “s’annaca” con il titolo di “quinta in Italia”, dovrebbe godere di diritto di una squadra in A o in B?
Comunque andrà a finire, rientreremo nei ranghi di quella mediocrità cui la mia generazione di tifosi è adusa. E chiudiamo definitivamente un’era rosa di vittorie e campioni mai neppure sognati, ma nerissima di rimpianti e di disprezzo per un calcio che chi ama il calcio non può amare più. Una sola richiesta reitero al sempiterno Sindaco, lo stesso del 1986: ritiri la cittadinanza onoraria al recluso in Vergiate. Un atto tangibile a testimonianza dell’indignazione dei palermitani; quelli veri, intendo. Un atto di equità verso i tanti, dal Giudice Caselli a Re Juan Carlos ad Andrea Camilleri, che con lui condividono questo titolo onorifico. Un atto di dignità di una città delusa, amareggiata e derisa. La città dell’ennesimo “senza”.
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