Filippi, da “capitano” granata a tecnico rosanero: l’inizio di un sogno?

Mai smettere di credere nei sogni. Lo sa bene Giacomo Filippi, trovatosi all’improvviso al comando di un Palermo la cui piazza grida giornalmente la sua voglia di Serie A. I miracoli nel calcio esistono e c’è chi ha fatto furore partendo dalle retrovie. Certo, eccezioni irripetibili. Come l’italiano Roberto Di Matteo che nel 2011 subentrò da vice ad Andrè Villas Boas nel Chelsea in un’annata tragica, soltanto per traghettare il club fino a fine stagione.

Ma avvenne il miracolo e i Blues guidati dall’italiano conquistarono il trofeo più importante del calcio: la Champions League sconfiggendo i club più forti del mondo come il Barcellona o il Bayern in finale a Monaco di Baviera. Inutile proseguire con paragoni arditi ma la base dei sogni è sempre la stessa: la voglia di lasciare il segno. In questo caso nel calcio. E se da un lato a Filippi manca l’esperienza, dall’altro non bisogna dimenticare che il neo allenatore rosanero è un uomo di forte carattere e dai saldi principi.

Lo sapeva bene Boscaglia che ai tempi del Trapani lo schierava ancora giocatore – insieme ad una vecchia conoscenza, l’ex rosanero Ficarrotta – per essere protagonisti e complici di una clamorosa risalita verso le categorie superiori. Era quel glorioso Trapani che riconquistò un palcoscenico professionistico assente dal 2000. Tutti riconoscono i meriti della cavalcata di Boscaglia, un po’ meno quelli “al piccolo trotto” di Filippi che però c’è sempre stato: prima in campo e poi fuori a guidare gli Allievi Nazionali della società siciliana.

Nei suoi giorni granata da calciatore è per tutti “Capitan Filippi”. E intanto la squadra sale di livello tecnico e categoria. In quei quattro anni di battaglie, i tifosi da centinaia diventano migliaia. Filippi è ormai un piccolo eroe. Il simbolo di quel calcio proletario che lavora a testa bassa per amore di un progetto. Piace perché è coraggioso e umano. Una volta sbaglia un rigore ma non ha dubbi sul fatto che tirerà anche il prossimo: “Voglio riprendere al più presto la serie di gol fatti dagli undici metri”, dichiarò in un’intervista nel sito ufficiale granata. Un’altra volta si rende protagonista di un bellissimo gesto portando una maglia autografata dalla squadra ai genitori di un giovane trapanese ucciso in un tentativo di rapina. Un uomo di tutti.

Un giorno però Daniele Faggiano disse “basta” e Filippi, ormai 38enne, scelse un po’ forzatamente di abbandonare gli scarpini per la panchina. Senza, però, mai abbattersi. Da calciatore il suo “mantra” era “non esaltarsi nelle vittorie e non abbattersi nelle sconfitte”. La ricerca di un equilibrio che adesso dovrà però dimostrare sul campo. Con un pizzico di coraggio che, considerando l’unica uscita contro il Catania, non è mancato visto che ha stravolto il modulo di Boscaglia in quattro e quattr’otto per un colpo di coda. Magari sarà un piccolo, “piccolissimo Di Matteo” di Partinico a far raggiungere alla piazza sentimenti inaspettati. Chi lo sa? Nel calcio i miracoli esistono, bisogna saperli individuare e coglierli al volo.

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