Palermo, Juan Mauri si racconta: tra Milan, Agrigento e… Riquelme

FOTO PEPE/PUGLIA

Juan Mauri non sta trovando tantissimo spazio con la maglia del Palermo ma da vero professionista lavora in silenzio e ogni volta che Pergolizzi lo manda in campo fa la sua parte.

In un’intervista per Repubblica, il centrocampista rosanero racconta del suo arrivo nel capoluogo siculo: “Avevo fatto una grande stagione alla Lucchese. Ho pensato che avrei trovato squadra facilmente. Poi passava il tempo e non arrivava nulla. Ho chiamato il mio procuratore e gli ho detto che sarei tornato in Argentina. Sono arrivato il giovedì a casa, la domenica mi ha chiamato e mi ha detto che sarei dovuto partire subito perché mi aveva cercato il Palermo. Facile a dirsi, ero nella Pampa a sei ore di macchina da Buenos Aires e sono partito l’indomani”.

Mauri, insieme al fratello Josè, ha iniziato la sua carriera italiana al Milan: “Ho fatto solo una settimana a Milano, poi sono andato subito all’Akragas. Non parlavo l’italiano e mi sentivo smarrito. A Milanello ho fatto amicizia con Vergara, un difensore colombiano che mi ha fatto sentire meno straniero. Ad Agrigento invece c’erano due argentini e un uruguaiano ed è stato tutto più facile”.

“Tutto sommato è andata bene – continua – visto che ho la residenza lì e mi ci sono anche sposato con Camila, una ragazza argentina che viene dalla mia stessa città, Realicò. Sono quasi agrigentino“.

Il giocatore argentino racconta anche le sue caratteristiche: “Una volta il centrocampista era quello che menava, correva e io sono esattamente al contrario. Poi, se me lo chiede l’allenatore lo faccio. Penso che la cosa più giusta nel calcio sia dare la palla a un compagno, fare correre l’avversario e correre il meno possibile. Riquelme, un giocatore che mi piaceva tantissimo anche se giocava al Boca e io sono del River, diceva sempre che quando finiva di giocare ed era stanco significava che aveva giocato male, significa che aveva corso tanto e non aveva avuto spesso la palla fra i piedi”.

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