Io e Maradona, emozioni indimenticabili. E quell’augurio al Palermo…

Era il 1986, avevo solo 24 anni. Professionalmente è difficile che ti possa capitare qualcosa di meglio: un’intervista “in esclusiva”, come si direbbe ora, con il grande Diego Maradona, già da alcuni anni stella del calcio mondiale. Grazie ad amici comuni e ai buoni rapporti con la piazza di Napoli ero riuscito a organizzare questa intervista.

Era il 1986, il Palermo era stato radiato. Ma la trasmissione di calcio di Teleregione, l’emittente dove lavoravo allora, doveva comunque far vivere il Palermo e il calcio. E ad ogni fine settimana, anzichè la trasferta per raccontare la partita del Palermo, con il “maestro” Salvatore Geraci si organizzava in giro per l’Italia qualche intervista speciale con personaggi del calcio che in qualche modo potevano avere un legame con il Palermo.

Era il 1986, Maradona aveva da poco vinto il Mondiale con l’Argentina, aveva già segnato il “gol del siglo”, si era ritagliato l’appellativo di “mano de Dios” con cui aveva sbeffeggiato gli inglesi, era già il re di Napoli, l’ambasciatore dell’Argentina nel mondo, il simbolo del calcio per un intero pianeta. Che c’entrava con il Palermo? Nulla. Anche se in quell’intervista il Palermo ci entrò lo stesso perchè Maradona ne approfittò per dedicare un affettuoso pensiero ai tifosi di una squadra prestigiosa che era stata radiata. Perchè il calcio, e una importante piazza del Sud, per il suo credo calcistico non poteva e non doveva restare senza calcio.

Era il 1986, sono passati 34 anni. Onestamente non ricordo molto dei contenuti di quella intervista. Si parlò di calcio in genere, con quel riferimento finale al Palermo. Non ho nemmeno il video, solo questa foto che mostro in copertina di questo articolo. Sono sciatto e disordinato, ho conservato poche immagini e foto della mia storia ormai quarantennale appresso al calcio di varie latitudini. E quella con Maradona non fa eccezione, sebbene sia stata professionalmente importante (e nemmeno l’unica, ce ne furono altre due nei due anni successivi).

Quello che non è sbiadito è il ricordo dell’uomo. Rimasi colpito da Maradona e vi racconto un aneddoto legato a quella intervista. Arrivai a Soccavo, il centro sportivo del Napoli, era sabato. Vidi da bordo campo tutto l’allenamento del Napoli, zeppo di campioni. Ma non c’era Maradona e nessuno sapeva perchè, anche se qualche infrazione al regolamento Maradona se la consentiva. Finì l’allenamento e nessuna traccia di Maradona. Pensai, minuto dopo minuto, di avere fatto un flop.

Quando tutta la squadra aveva già lasciato il campo per andare a pranzo mi rassegnai a tornare in albergo a mani vuote. Fu a quel punto che vidi entrare l’auto con Maradona al volante. Quasi mi sono fatto investire per bloccarlo. Gli dissi chi ero, che avevamo concordato quella intervista per l’emittente di Palermo ma che forse era tardi. Mi prese in simpatia. Incurante dell’orario scese dall’auto, si prestò volentieri all’intervista che durò almeno sei minuti. Alla fine mi strinse la mano, mi raccomandò di fargli avere una copia della cassetta e proseguì verso la club house sicuro dell’ennesima multa che gli sarebbe stata inflitta. Il Napoli l’indomani vinse.

Fu il primo ma non l’unico contatto con Maradona. Qualche mese dopo ci rincontrammo a Soccavo, gli portai la cassetta della prima intervista insieme al mio inseparabile foto-cine-reporter Ino Lo Biundo ma stavolta ho avuto la fortuna di seguire l’allenamento con Maradona in campo. E fu tutta un’altra cosa. Gli ho visto fare con la palla cose che neanche immaginavo si potessero fare, ho percepito distintamente il carisma che lui aveva su tutta la squadra che lo adorava, ho seguito da bordocampo una partita di campionato con Maradona e ho capito – forse mai abbastanza – cosa lui, anzi Lui, rappresentasse per la città di Napoli che ora giustamente gli vuole intestare lo stadio che lui ha fatto vibrare come uno strumento musicale. Quando lui toccava la palla era una emozione unica.

Non so se sia stato il più grande di sempre. Probabilmente sì e in ogni caso i confronti con Pelè o Messi, generazioni ben diverse dalla sua, sono e saranno sempre improponibili. Di sicuro nessuno come lui ha saputo rappresentare tutte insieme l’arte, la poesia, le emozioni, la gioia e il sentimento dello sport più popolare. Poi, purtroppo, Maradona è stato anche altro. Problemi di tutti i tipi, qualche caduta di stile, un corpo devastato dal peso eccessivo e dai suoi stessi eccessi. Non è stato in grado di reggere il peso di una popolarità immensa e nemmeno è stato adeguatamente protetto. Ma umanamente lo capisco, avendo solo sfiorato le pressioni mondiali che gravavano intorno a lui.

E’ stato dio, re, imperatore, ambasciatore e stregone del calcio. Per questo deve essere ricordato. E l’emozione, l’arte, la poesia, la gioia e i sentimenti resteranno immutati anche dopo il suo addio. Grazie di tutto, Diego.

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