Sforzini, quel bellissimo “gol” segnato dopo… il gol

Lasciamo da parte tutto. Non perché non conti, anzi, perchè si fa fatica a mandarlo via. Mio padre diceva che chi si interessa davvero alle cose del mondo, è destinato all’ulcera perenne. Sono stati giorni di sangue versato sulle divise, estorto ad una donna che voleva lasciare il marito, non visto per un naufragio a Lampedusa. Ci si rischia di abituare a tutto. E di non sentire l’ulcera. Però è stato anche un periodo di piccole, piccolissime storie che sono passate e che hanno lasciato una traccia bella. Forse non sufficiente a sanare il morbo di negatività che ci attanaglia.

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Prendiamo questo ragazzo qui. Si chiama Ferdinando Sforzini. Ora gioca nel Palermo, in serie D. La sua carriera è stata quella di un buon mestierante di provincia, passato in squadre che dopo o prima di lui avevano conosciuto traguardi prestigiosi, perchè la vita a volte è anche un appuntamento col destino sotto forma di pallone. Sassuolo, Avellino, Bari, anche una puntata in un club estero, il Cluj.

Gioca in una formazione che finora è stata la schiacciasassi della serie D, sesta vittoria consecutiva. Contro la Cittanovese. Sforzini è in panchina durante la partita, entra e dopo circa un minuto, segna. Ma non è tanto questo. Dopo è il momento di parlare davanti ai microfoni, domande normali, cui un calciatore ormai risponde con il pilota automatico, sorridendo, cortesemente. Ma è il suo primo gol in maglia rosanero e parte inesorabile una domanda: “a chi lo dedichi questo gol?”. Lui inizia bene, tranquillo: “a mio figlio”, poi prosegue con la voce che assume una parabola discendente. “Lo dedico a lui che vive lontano e non lo vedo quanto vorrei”. Alla seconda domanda sul figlio la voce è rotta dall’emozione. Gli si chiede perché si stia commuovendo così.

Lui risponde “sono un padre, è un legame forte e non riesco a vederlo quanto vorrei”. Qui non si parla di calciatori miliardari, si parla di un buon mestierante di provincia. Ferdinando è tra quei padri che sente forte il legame, uno di quegli uomini che comunque si ricorda sempre di essere un papà e che forse vorrebbe dimostrarlo più frequentemente. E che si augura soprattutto, che il proprio figlio sia orgoglioso di lui. Come lo spera chiunque con qualsiasi mestiere. Perchè se si è buoni padri, vicini o lontani, un giorno sarà bello vedere il proprio figlio dire parole che non sono solo tramandate, sono tatuate addosso. E speriamo che Ferdinando abbia tanti gol da dedicare al figlio. Tantissimi ancora.

(tratto dalla pagina Facebook di Ettore Zanca)

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