Il Palermo è il Manchester... United della Serie B: il modello City non ha funzionato ​​

Il Palermo è il Manchester… United della Serie B: il modello City non ha funzionato

Tempo di bilanci in casa Palermo. Con la sconfitta sul campo della Juve Stabia si è chiuso il primo triennio della gestione City Football Group: una finestra temporale significativa per tirare le somme dell’esperienza italiana della holding inglese. Nell’estate del 2022, con il cambio di proprietà, le aspettative erano altissime e l’entusiasmo alle stelle. Tre anni dopo, sembra cambiato il mondo.

Gestione impeccabile, risultati assenti

Serve però un distinguo importante. Il Palermo, dal punto di vista aziendale, procede spedito e con risultati convincenti. Il business plan del City Group funziona sul piano della crescita del brand: il club è solido come mai prima sotto il profilo finanziario, più strutturato e organizzato. Il nuovo centro sportivo è il fiore all’occhiello di questo triennio, mentre sul fronte stadio “Barbera” si stanno facendo passi concreti verso una nuova concessione.

Fuori dal campo, c’è poco da contestare a City Football Group. Avevano promesso solidità economica, investimenti infrastrutturali e competenze trasversali: promesse mantenute. Il discorso cambia radicalmente quando si analizzano i risultati sportivi, che restano il vero cuore pulsante di un club calcistico.


L’illusione del modello perfetto

La questione centrale riguarda il limite del modello. La grande forza di una multiproprietà come CFG è l’importazione di un modello gestionale replicabile. Se l’ambito aziendale ha risposto bene agli input “inglesi”, il comparto sportivo ha invece deluso. E tre anni sono un periodo sufficientemente lungo per concludere che il modello City, sul piano tecnico, non ha funzionato.

Questo sistema di decisioni condivise, privo di una vera piramide di comando, con una difesa a oltranza – spesso cieca – di uomini e idee, e quel senso di ‘superiorità’ nell’imporre un metodo alla britannica, in Italia semplicemente non attecchisce. Il problema, infatti, non riguarda solo il Palermo, ma è comune a diversi club passati da una gestione italiana a quella straniera. Le nuove proprietà portano la propria ricetta, ma finiscono per scontrarsi con la realtà.

Dati, finanza e… confusione

Un esempio emblematico è quello del Milan. Cardinale e RedBird stanno provando a imporre il modello “moneyball”, basato sull’uso avanzato di dati per identificare giocatori e costruire una squadra con investimenti contenuti e mirati. I risultati, però, sono stati deludenti, come ammesso dallo stesso a.d. Furlani.

Un altro tratto comune a queste proprietà è la loro distanza, non solo geografica, ma anche decisionale. La figura di Zlatan Ibrahimovic, “operating partner” di RedBird senza ruolo formale nel Milan, ricorda quella di Riccardo Bigon per il Palermo. L’assenza di un riferimento tecnico/sportivo forte – come lo era Maldini – ha peggiorato ulteriormente la situazione.

Anche la Roma, per anni, ha seguito una via ‘statunitense’, puntando prioritariamente sul miglioramento dei bilanci e sulla riduzione delle ingenti perdite. La missione è in buona parte riuscita, ma i risultati sportivi sono rimasti altalenanti e a rimetterli a posto è stato soprattutto Claudio Ranieri, con una conduzione tecnica all’antica, piena di buon senso.

Modello ibrido, risultati veri

Da qui si arriva al punto di svolta: la capacità di trovare un compromesso tra modello importato e sistema italiano. Inter, Bologna, Fiorentina (che lottava per non retrocedere e ora per le coppe europee) e Roma (che si è affidata a Ranieri) hanno trovato la chiave: affiancare alle risorse internazionali un uomo di calcio esperto, cui affidare l’area tecnico-sportiva.

Oaktree ha nominato Marotta presidente dell’Inter. Il Bologna si è affidato a Sartori. La Fiorentina lavora da anni con Pradè, tra alti e bassi. La Roma coinvolgerà Ranieri in un ruolo dirigenziale. Il Milan è in attesa di un vero direttore sportivo, che potrebbe essere Tare.

Il Manchester United della Serie B

Il Palermo dovrebbe seguire questa strada. Una sinergia tra capitali, know-how stranieri e competenze calcistiche italiane sembra la via vincente. È questo il compromesso che anche il club rosa dovrebbe perseguire. Solo un cambio di sistema può evitare il rischio di replicare un problema cronico: quello che da anni, ad esempio, paralizza il Manchester United.

Il Palermo targato City, paradossalmente, è stato – in Serie B – il Manchester United degli ultimi anni: un buco nero in cui si sono persi allenatori, dirigenti e calciatori. Dopo il ritiro di Sir Alex Ferguson, lo United ha cambiato dieci tecnici in undici anni e speso 1,6 miliardi di sterline sul mercato.

Mourinho, van Gaal, ten Hag, Moyes… nessuno è riuscito a imporsi con continuità. Ora ci sta tentando Amorim. Pogba (£89,3 milioni), Antony (£82 milioni), Maguire (£80 milioni), Lukaku (£75 milioni): arrivati da campioni e diventati troppo presto ‘bidoni’.

Costruire (male) per poi ricominciare

Il Palermo non è ancora a quei livelli, ma le similitudini sono numerose. Tre allenatori in tre anni: Corini, arrivato da ‘bandiera’ per il passato da giocatore e con buone esperienze in B da tecnico, esonerato; Mignani, bruciato troppo in fretta; Dionisi, accolto con entusiasmo ma risultato un fallimento.

Eppure, gli investimenti non sono mancati. Oltre 100 milioni in tre anni per la costruzione della squadra. Sono arrivati calciatori buoni e meno buoni, ma quasi tutti sono peggiorati. Neppure un elemento come Pohjanpalo è riuscito a mantenere gli elevati standard di rendimento che avrebbero potuto far girare il campionato. L’unico ad essere cresciuto è Gomes, che però non ha la fila di squadre di Serie A in coda per lui. Per il resto, tanta confusione e nessuna vera crescita.

Ogni anno si riparte da zero. Ma serve costruire, valorizzare l’organico esistente – composto da molti elementi validi – e integrarlo con innesti di qualità ed esperienza.

Tanti investimenti, poca competitività

Non c’è dubbio che City Group continuerà a lavorare per un Palermo in Serie A nel prossimo futuro. Nonostante le dichiarazioni prudenti – consolidamento, playoff, miglioramento – e gli escamotage linguistici, i fatti parlano: CFG ha investito per salire di categoria e il vero ritorno economico si trova al piano superiore. È chiaro, quindi, qual è l’obiettivo reale: la promozione in Serie A.

Non c’è nessun dubbio, però, che l’impatto di City Group, finora, sia stato deludente. Il Palermo non è mai stato realmente competitivo per la Serie A. Nemmeno il confronto con il Parma regge: i ducali hanno sì investito tanto, ma sui giovani, e sono saliti in A al terzo tentativo.

Il Palermo ha bisogno di una guida

Serve cambiare paradigma. E qualcosa si muove. Non ai vertici – dove l’a.d. Gardini e Bigon (come direttore tecnico del CFG) restano inamovibili – ma nel ruolo del d.s.: Carlo Osti, dirigente di esperienza, potrebbe essere confermato e nelle ultime ore ci sono stati colloqui formali in tal senso.

Sarebbe un primo passo verso quel compromesso necessario per guardare avanti, una figura forte e vicina alla squadra che serve al Palermo per ripartire con rinnovata ambizione. C’è una piazza da riconquistare e un solo modo per riuscirci: tornare a lottare per la Serie A.

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10 thoughts on “Il Palermo è il Manchester… United della Serie B: il modello City non ha funzionato

  1. Se Osti deve fare il pupino ai voleri di Bigon, che è stato quello che ha impedito l esonero dell amico Dionisi, continuiamo sulla stessa falsariga

    1. Non si vuole capire che una  ruota quadrata farà sempre una fatica immane a rotolare…….anche su una montagna in discesa. (I soldini del CFG)
      Servono uomini che possano plasmare la ruota e renderla tonda!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
      Uomini giusti nel posto giusto…..così come giocatori nei ruoli giusti.

  2. Articolo serio, equilibrato e sensato: andremo in serie A, remare contro City Group in questo momento è la cosa peggiore che si possa fare!

  3. Come ho sempre sostenuto, il problema sta’ a monte cioè la proprietà e i vertici dirigenziali. Oltre al problema tecnico e quindi l’incompetenza, potrebbe esserci il pericolo che vengano commessi anche a Palermo re+++ o irregolarità finanziarie che darebbe la conferma del perché il City Group è qui. Non darei nulla per scontato visti anche i capi d’imputazione al Manchester City, ma se accadesse a noi saremmo immediatamente radiati per l’ennesima volta. Una valida soluzione potrebbe essere la cessione della società, magari ad unico proprietario che si interessi solo al Palermo. In Italia abbiamo esempi lampanti di società di successo come Como(Hartono) o Atalanta(Percassi), ma potrei dire anche Bologna(Saputo) Fiorentina(Commisso) e altre. Ma sicuramente il City Group non avrà ancora intenzione di vendere e probabilmente andremo in contro ad altri anni impietosi, indecenti e anche peggiori di quest’ultimo.

  4. Con la piccola differenza che stasera il Manchester United gioca la finale di Europa League.
    Per il loro status europeo è una sorta di retrocessione, d’accordo, ma è pur sempre la finale della seconda coppa continentale.

  5. Il modello cfg semplicemente non esiste.
    Questo abbiamo acclarato negli ultimi 3 anni.
    Chi dice il contrario è cieco oppure un dipendente del city

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